La famiglia raccoglie online tutto quello che Antonio Guarino ha pubblicato nel corso della sua lunga vita. Egli aveva superato il secolo, che Gaio insegnava essere spatium vitae longaevi hominis. Non è di poco significato che questa durata di vita personale sia stata assunta come misura del tempo storico, scansione dei significati che si succedono nel cammino del mondo. Guarino è un uomo del novecento e ha vissuto il tempo che gli era stato dato in tutte le increspature che quello veniva presentando. Il fascismo giovanile, meno politico e più di costume borghese; la guerra combattuta in Russia contemporaneamente studiando e scrivendo per le prime tappe accademiche; il dopoguerra da pendolare tra Catania, sua prima sede cattedratica, e Napoli, patria romanistica già con Siro Solazzi e Vincenzo Arangio-Ruiz e che non avrebbe più abbandonata; poi, fino all’emeritato, una didattica scritta ed orale, costruita di manuali, monografie, articoli, note, recensioni, editoriali, lezioni, esercitazioni, seminari, conferenze, interminabili e temutissime sedute d’esami; e parallelamente servizi di radiocronista e inviato per la neonata RAI, suc-ceduta all’EIAR, di giornalista su Il Mattino di Napoli e sulla Repubblica sempre di Napoli, di avvocato, e per una legislatura financo di parlamentare.
Non appariva mai affaticato da tanto intensa e molteplice operosità . A noi studenti, laureandi, allievi ed assistenti appariva non un modello da imitare, ma un personaggio mitologico inimitabile. Quando si entrava nel suo studiolo degli Istituti giuridici lo si intravedeva avvolto da una nuvola bianca e densa di fumo prodotta da innumerevoli sigarette alternate ad una pipa, integrante la eleganza British, assediato dai suoi pensieri che andava ordinando con la sua grafia energica e chiara sulle carte che avreb-be mandato in tipografia. Per non dire del suo studio di casa, in via Andrea da Isernia, in cui dietro alla macchina per scrivere, in giacca o in inverno in veste da camera, tra pareti rivestite di libri rilegati con dorsi di tela bianca perché i titoli fossero leggibili anche a distanza. In quello studio, in ore di conversa-zione sono nate le nostre opere di ingresso nella romanistica italiana ed europea, paragrafo dietro para-grafo, capitolo dietro capitolo, con il corredo delle note, degli indici delle fonti e degli autori, degli indici generali. Guarino ci dava i ferri del mestiere, per i quali era un istruttore impareggiabile. Era invece pronto ad accogliere idee nuove anche lontane dalle sue, critico ma non demolitivo delle innumerevoli te-si raccolte su ogni argomento della sterminata letteratura romanistica. Ci appariva soddisfatto dei nostri progressi, di allievi suoi ed altrui, vigile sulla correttezza metodologica, aperto alla originalità del risulta-to storiografico.
La formazione di Guarino si era svolta nella eredità della filologia interpolazionistica. Di qui la sua cura per l’analisi testuale. Ma i Maestri del primo novecento avevano proposto nuove mete, quali la natura politica della famiglia secondo Pietro Bonfante, e invece economica per Vincenzo Arangio-Ruiz, come in Primordia civitatis di Pietro de Francisci. Colleghi autorevoli nella Facoltà napoletana, quali Mario Lauria e Francesco De Martino, si erano dati nuovi oggetti di studio, l’uno con l’Ordo iuris, l’altro con la monumentale Storia della costituzione romana. Guarino non si sottraeva, anzi promuoveva occasio-ni di confronto nei seminari dell’Istituto napoletano, ove fondò Labeo, la più avanzata rivista romanisti-ca dell’epoca, dopo quella, Iura, nata a Catania, per iniziativa sua e di Cesare Sanfilippo. La consuetudi-ne di partecipare ai convegno annuali delle società di studi romanistici, l’amicalità dei rapporti con le più significative personalità della romanistica internazionale fecero in breve di Guarino non un caposcuola, ma il protagonista di una svolta dei nostri studi. Il convegno su Gaio nel suo tempo inaugurò un’era, dedi-cata alla storia della giurisprudenza e liberando il diritto romano dal compito di fornire un modello ordi-namentale alla scienza giuridica moderna. Lo stesso Guarino si liberò dell’ossessione definitoria che sem-brava l’irrefutabile scopo di ogni studio del diritto. Una sua frase che rinvia ad ogni concreta società sto-rica la sua propria e particolare definizione di ciò che le appare come diritto, è tutt’altro che un espedien-te dialettico. È una profonda intuizione che chiama in causa i popoli e le persone che in ogni luogo e tem-po e cultura cercano o inventano il loro diritto.
Guarino è stato un operaio infaticabile nella vigna del Signore che a ciascuno di noi assegna la vi-ta come compito. Noi ignari immaginiamo che le nostre opere nascano da ambizioni e talenti. Impariamo a riconoscerle invece come adempimenti di un dovere che ci trascende, spoglie di ogni svanito egoismo.
31.1.2017
Francesco Paolo Casavola